«Un ritratto potente e commovente di un Paese che non c'è più e del suo popolo perduto, a ricordarci del potere e del senso dell'arte. Ma anche un'ode alla creatività femminile là dove il patriarcato e il maschilismo hanno più volte tentato di soffocarla.» The New York Times
«Come un uccello in gabbia non ho mai smesso di cantare.»
«È il volo quello che ricorderai, perché l'uccello è mortale.» Forse è per stupire suo padre che Forugh, ancora bambina, scrive la sua prima poesia. Eppure, per tutta l'infanzia, a Teheran, si è sentita dire che le bambine persiane devono essere mute e obbedienti. Sono gli anni Quaranta, e per le donne non c'è molta scelta, in Iran, come in tanti altri Paesi. Ma Forugh è una bambina diversa. I suoi modi di ribellarsi sono spettegolare con la sorella tra le rose fragranti del giardino della madre, o divertirsi con i fratelli, azzuffandosi con loro come un maschio. Perché la rivoluzione può stare nelle piccole cose. Finché, pochi anni più tardi, compie il gesto più rivoluzionario di tutti: scrivere poesie. Dopo un matrimonio, un divorzio, un figlio che ha dovuto lasciarsi indietro, Forugh sceglie la libertà. Che significa amare chi vuole, viaggiare, fare cinema, scrivere. Diventando la voce di tutte le donne in un Paese che, mentre si avvia verso l'illusione rivoluzionaria, resta indifferente ai loro sogni e alle loro speranze. Una voce che nel '67, quando Forugh ha appena trentadue anni, si spegnerà per sempre, troppo presto.
Ispirato alla storia vera della più grande poetessa iraniana del Novecento, ai suoi versi, alle sue lettere, alla sua vita straordinaria e struggente, questo romanzo cattura l'essenza di Forugh Farrokhzad, la donna che ha rappresentato la nascita di una coscienza femminile in Iran, e il cui messaggio è ancora più potente oggi, quando i diritti delle donne e dei giovani iraniani vengono calpestati nel sangue.