Il Gran Teatro del Sacro Monte di Varallo by Elisabetta Sgarbi & Giovanni Reale

Il Gran Teatro del Sacro Monte di Varallo

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"C'è, a Varallo, il Sacro Monte ufficiale, diurno, che fu pensato dall'abate Bernardino Caimi (...). Ma c'è anche, a Varallo, un altro Sacro Monte, che nessuno mai ha voluto o potuto imitare e che appartiene soltanto a questi luoghi e alla realtà di questa valle. È la storia della Valsesia, rivissuta nella storia di Cristo. L'altro Sacro Monte, che soltanto in apparenza coincide con il Sacro Monte ufficiale, è l'armata di terracotta delle ottocento statue che, di cappella in cappella, raccontano la passione e morte di nostro Signore ma raccontano anche sé stesse e le loro storie. Sono le persone che popolano le cappelle con i loro atteggiamenti, i loro visi, il loro aspetto irripetibile e che vissero, bene o male, nelle loro epoche: ma, soprattutto, che vissero tra queste montagne. Ogni tanto, capita che quella folla silenziosa si risvegli. Di notte, quando i pellegrini arrivati con i pullman dormono negli alberghi e non si celebrano funzioni nella basilica. Quando la funivia è ferma e l'unico rumore che si percepisce, nella città rinascimentale addormentata, è lo scroscio lontano dei torrenti Mastallone e Sesia. Può accadere che un orecchio esercitato a cogliere i rumori del tempo riesca a percepire, all'interno delle singole cappelle e tra una cappella e l'altra, le voci delle persone che si riconoscono, si chiamano e dialogano tra di loro. Voci di uomini e donne che si amarono o si odiarono; che parlarono (e che ancora parlano) l'aspro dialetto della valle del Sesia o l'idioma incomprensibile dei walser, arrivati dall'altro versante del Monte Rosa, dove le acque scorrono nella direzione opposta e dove i terreni sono ancora più aspri e pietrosi di quelli di qui. In quelle notti di plenilunio, un visitatore attento può ascoltare tante storie. [...] Tutte le storie che si conoscono e anche quelle che non si conoscono. L'altro Sacro Monte, infatti: quello notturno ma anche, mi verrebbe fatto di dire, quello più autentico e vero, è la storia di una valle che ha rappresentato sé stessa e si è raccontata in ottocento statue di legno e di terracotta. È un'opera, nel suo genere, unica al mondo."
Sebastiano Vassalli

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